In ricordo di Giorgio De Marchis, un critico fuori dagli schemi
Di Barbara Olivieri
archivista e storica dell’arte della Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre
Lo scorso giovedì 14 ottobre 2021 si è tenuto all’Aquila, presso il Teatro dell’Accademia di Belle Arti, il convegno “Omaggio a Giorgio de Marchis”. L’iniziativa, promossa dall’Accademia e dalla Fondazione Giorgio de Marchis Bonanni d’Ocre – ONLUS, è stata curata da Barbara Drudi, docente di storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti, e da chi scrive*, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila.
A inaugurare la giornata i saluti delle direttrici delle due istituzioni, Maria D’Alesio per l’Accademia e Diana Di Berardino per la Fondazione de Marchis. A seguire un mio intervento introduttivo di Giorgio de Marchis, dei cenni biografici rapidi, un racconto che ho scelto di condurre sulla linea del tempo, ma senza ridurlo unicamente ad un susseguirsi di eventi. Ho cercato di restituire la vivacità intellettuale e le molteplici esperienze che portarono Marcello Venturoli nel 1968 a definire de Marchis uno straordinario minotauro fra l’Abruzzo e Parigi, anzi New York.
La Direttrice della Fondazione de Marchis, Diana Di Berardino, ha raccontato della ostinata volontà di Giorgio di lasciare alla propria città d’origine un’istituzione culturale a suo nome, pronta a promuovere e sostenere lo studio e la ricerca, mettendo a disposizione volumi e documenti rari e unici nel loro genere, che raccontano la storia dell’arte degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del secolo scorso. Gli organi costitutivi, un consiglio di amministrazione e un consiglio scientifico, vigilano sulla gestione del patrimonio e sulle attività culturali, sebbene Giorgio abbia imposto una linea rigorosa e di alto profilo scientifico attraverso il suo esempio e la sua carriera.
Maria D’Alesio, attraverso la documentazione conservata presso l’Accademia di Belle Arti, ha ricostruito l’esperienza di de Marchis come docente nei primi anni di attività dell’istituzione, quando alla direzione c’era l’artista Piero Sadun (1969-1974). La sessione si è chiusa con il brillante intervento di Livia Velani, storica dell’arte, una tra le prime collaboratrici di Giorgio de Marchis in Galleria Nazionale. Il suo è stato un contributo carico di ricordi e di intimismo, racconti legati alle prime esperienze di lavoro al museo di Valle Giulia e al viaggio in Giappone. Indubbiamente una testimonianza, la sua, che ha contribuito a delineare un ritratto di Giorgio attraverso gli aspetti più ironici e ludici della sua personalità.
La sessione pomeridiana è stata aperta da Giuseppe Di Natale, docente di arte contemporanea presso il Dipartimento di scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila, che si è occupato del ruolo di Giorgio de Marchis come critico d’arte fuori dalla Galleria nazionale di Arte Moderna, concentrandosi sul rapporto con Pino Pascali e la sua arte. Barbara Drudi ha, invece, posto l’attenzione su due artisti ai quali de Marchis ha dedicato varie pubblicazioni nel corso della sua carriera: Giacomo Balla e Ettore Colla. Interessante la disamina sulla posizione critica di de Marchis rispetto al ruolo dell’anziano Balla nell’ambito dell’astrattismo italiano degli anni Cinquanta. Ha preso poi la parola Elisabetta Sonnino, restauratrice e docente presso l’Accademia, che ha condiviso con de Marchis gli spazi di Palazzo de Marchis già Simeonibus come affittuaria. Insieme hanno parlato di arte e dinamiche artistiche, ma soprattutto di restauro dell’arte contemporanea. Ha chiuso la giornata di confronto e studio Massimo Fusillo, docente di letterature comparate presso il
Dipartimento di Scienze Umane. Il poeta, il ragazzo, la ragazza a Roma d’inverno nel 27 a.C.; Il pittore, l’umanista e il cagnolino; Dell’abitare. Sono questi i titoli dei piccoli “libriccini” che de Marchis ha scritto dopo la pensione, pubblicati da Sellerio e Einaudi. Brevi ma preziosi scritti di carattere letterario, dai quali emerge la formazione di Giorgio de Marchis, un filologo classico approdato all’arte contemporanea. Dunque attenzione alle parole, ricerca, raffinatezza e storie che si sviluppano attraverso la letteratura classica, Ovidio in particolare, la pittura veneziana, Carpaccio, e riflessioni sullo spazio, uno spazio caro e quotidiano, come quello di una casa.
Una giornata proficua, piena di riflessioni e domande, carica di confronti e di stupore rispetto a un personaggio eclettico, ironico, pungente, curioso. Uno studioso, un critico, uno storico dell’arte che non si è limitato a conoscere la propria materia di interesse ma che ha saputo valicare confini per cercare punti di contatto e connessioni dalle quali sono sempre scaturite nuove idee e nuovi punti di vista. Tutto questo pur rimanendo sempre coerente con la propria formazione e il proprio pensiero.