Prendi l’Arte e mettila da ogni parte
Giovanni Albanese
Piero Manzoni, Pino Pascali, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Julian Schnabel… tutti “al servizio” narrativo di Giovanni Albanese, artista trasversale del nostro panorama, il primo ad aver varcato il ponte che collega l’arte visiva al cinema (quello coi giusti crismi produttivi e la chance della prima visione, si intende). Dopo l’esordio di A.A.A. Achille, commedia sulla balbuzie con Sergio Rubini, Vincenzo Cerami e Nicola Piovani tra i nomi d’oro del cast, ecco in arrivo Senza arte né parte, seconda regia dell’artista pugliese (anche sceneggiatore assieme a Fabio Bonifacci) che ci porta, per la prima volta nella filmografia recente, tra opere importanti di alcuni maestri del Novecento. Una novità in un cinema che finora prediligeva le biografie di artisti noti ma non affrontava il lato complesso dell’avanguardia, secondo giochi calibrati tra le retoriche del “riesco a farlo pure io” e la poesia sublime delle alchimie rivoluzionarie e culturalmente elevate. Albanese usa l’arguzia, il sentimento e il tocco morbido di un narratore che l’arte la conosce perché prima la vive dentro, poi la produce con talento ed ottimi riscontri, quindi la insegna ai giovani in accademia. A giudicare dalle sue sculture spiazzanti, improvvise come sorrisi lunatici nella notte senza luna, la creatività di Albanese riaccende l’energia, poetica e dissacrante, del grande Pino Pascali (Albanese, non a caso, ha vinto il Premio Pino Pascali 2002). Entrambi pugliesi, per nulla intimoriti dalle contaminazioni linguistiche, mostrano nelle opere una libidinosa passione per gli oggetti in disuso, la ferraglia, le cose di uso casalingo. Con Pascali (morto in un incidente nel ’68) nascevano bachi giganti dagli scovoli di setole acriliche, liane forestali dalle pagliette da cucina, pezzi di mare da vasche geometriche riempite di acqua e anilina. Con l’Albanese odierno (nato a Bari nel 1955 ma da tanti anni a Roma) abbiamo padelle usate, pedali di bicicletta, tubi, fanali dall’occhio furbo, zuppiere di rame, un sellino in cuoio, recipienti in plastica… Una volta assemblati con la precarietà inestimabile della grande scultura, ne escono personaggi che fondono il lato ironico del cyberpunk e una versione domestica del manga nipponico. Prima di loro esistevano gli “oggetti fiammeggianti”, una squadra di sedie, tavoli, quadri ma anche un pianoforte a coda, veri e propri scheletri in ferro ricoperti da lampadine cimiteriali a luce arancione. Sembravano forme dal fuoco perenne, strani oggetti vivi dall’energia ipnotica. Che oggi si affiancano a questi ed altri guerrieri fai-da-te, figli senza meta in un mondo che li rende ansiosi e futuribili, comici e al contempo tragici. Il nuovo film di Albanese, mentre proseguono le mostre in giro per l’Italia, sarà una miscela morbida tra gli stili da commedia e le note del collezionismo snob, delle aste miliardarie, dei vernissage mondani ma anche delle emozioni gratuite che solo l’arte scatena. Il film ci racconta la storia pazza di alcuni operai pugliesi che scoprono l’arte del falso e diventano più artisti di tanti “veri” maestri. L’inizio delle riprese è previsto ad inizio 2005 con una produzione firmata Gianfranco Piccioli e un cast che si annuncia all’altezza dei nostri falsari. Verrebbe da dire: guarda l’arte e mettila da ogni parte. Magari la gente capirà che è molto più semplice e divertente di quanto si possa credere.
Gianluca Marziani (Testo pubblicato su Specchio)