Skip links

Vittorio Storaro

Scrivere con la luce perché la luce è l’energia dell’immagine

a cura di Angela Ciano

Non ama, anzi si offende, a essere chiamato “direttore della fotografia”, si sente piuttosto un “cinematografo”; non il luogo, si badi bene, derivante da un’errata traduzione degli anni cinquanta del secolo scorso della parola americana cinematographer, bensì la persona che lavora e concorre a realizzare un’ opera cinematografica. Perché dice “un film è un lavoro corale che ha un solo regista e non un direttore della fotografia e un direttore delle parole”. Per vittorio storaro, sessanta film all’attivo e tre volte premio oscar per la migliore cinematografia (Apocalypse Now, Reds e L’Ultimo Imperatore), un film si scrive anche con la luce e per questo ha sempre parlato del suo lavoro come di “scrittura della luce”.

Vittorio Storaro: Questa mia espressione sulla scrittura della luce deriva dal fatto che, facendo cinema, ho voluto ben distinguere la cinematografia dalla fotografia. La fotografia è una espressione su una singola immagine, di un singolo momento, la cinematografia, invece, ha bisogno di una serie di immagini, di un susseguirsi di esse, per dare il senso del movimento; quindi avendo un movimento ha anche un tempo che è il racconto del film con un inizio, uno svolgimento e una fine. Per questo siamo più vicini a un lavoro letterario, che può essere un romanzo o un racconto breve che ha bisogno di un tempo e di un ritmo. Quindi la Cinematografia si ottiene filmando insieme: l’immagine, la musica e la lettera- tura… le varie Arti. Insomma io devo raccontare visivamente quella che è la storia del film, per questo credo che la “Scrittura con la luce” sia l’espressione più giusta per raccontare visivamente la storia del film.

Angela Ciano: Dunque la luce è una parte importante, si può dire fondamentale, per scrivere il cinema?

V.S.: La luce secondo me è l’Energia fondamentale dell’immagine, in quanto senza la luce l’immagine non si vedrebbe. Basta seguire le teorie dei grandi scienziati come Albert Einstein, quando scrive la formula E = m.c2. l’Energia è Materia che si muove a una certa velocità, in ogni parte di materia vi è contenuta una energia e viceversa. Isaac Newton, tra- mite la scomposizione della Luce con un semplice prisma di vetro, ha visto come l’ energia visibile, “La Luce Bianca”, che passa da un mezzo di una certa densità a uno di una densità diversa, si divide in varie frequenze che lui ha distinto a occhio come “I colori”, che risommandoli insieme riformano la luce bianca. Come diceva Leonardo, i colori sono i figli dell’ombra e della luce. Nell’esprimerci, noi usiamo quelli che sono i rapporti tra l’oscurità e la luce, cogliendone tutti quei passaggi che, attraverso un tipo di vocabolario visivo, che va dal nero al bianco passando per i vari colori, ci permette di visualizzare una storia. Come un letterato usa le parole o un musicista usa le note, noi possiamo visualizzare un concetto attraverso la “Scrittura della Luce”, producendo un’emozione che a volte è latente e inconscia a volte, invece, si percepisce non soltanto con gli occhi ma anche con tutto il corpo, perché usiamo energie di varie lunghezze d’onda che arrivano sul nostro corpo che le subisce e reagisce, variando il metabolismo, le pulsazioni, la pressione sanguigna. Quindi senza la luce, senza la sorgente luminosa non esiste né l’immagine, né la fotografia né il cinema.

A.C.: Maestro lei in tanti anni di esperienza straordinaria come ha utilizzato la luce?

V.S.: Io inizialmente ho fatto una serie di studi tecnici, perché le scuole di fotografia insegnano l’arte del vedere tramite fondamentalmente la tecnologia, soltanto approfondendo gli studi singolarmente, con la conoscenza di tutte le arti, si entra nella filosofia, nella simbologia ecc… ecc… Chiamiamo il cinema “La decima musa” …. perché il cinema si nutre delle altre nove ispirazioni, delle altre nove muse enunciate da Platone. Il cinema è formato dalla letteratura, dalla scenografia, dalla musica, dalla filosofia, dalla pittura ecc… per cui soltanto avendo un equilibrio tra la conoscenza tecnologica e i significati della visione, si potranno ottenere dei risultati equilibrati in Cinematografia.
Conoscere come si realizza l’immagine attraverso gli strumenti tecnologici e sapere il tipo di reazioni dell’animo umano di fronte a certe immagini, creative e visionarie, si può esprimere in modo ampio e profondo un concetto scritto attraverso un concetto visivo.

A.C.: Non a caso dicevo l’arte si è sempre nutrita dell’elemento della luce, Caravaggio piuttosto che molti artisti contemporanei usano la luce come elemento creatore dell’opera d’arte….

V.S.: Ogni periodo storico si è espresso tramite le varie arti, pensiamo quanto sia stata fondamentale la filosofia nell’antica Grecia, quanto l’architettura sia stata fondamentale in epoca romana, come la pittura sia stata importante nel rinascimento, la musica nel settecento, la letteratura nell’ottocento e quanto le arti visive moderne, come la fotografia, il cinema, la televisione ecc… hanno caratterizzato tanti secoli, sino a quelli che stiamo vivendo. L’uomo ha sempre avuto bisogno di esprimersi tramite l’immagine, lo ha fatto nelle caverne, con i mosaici, con la pittura su legno o su tela, su un’emulsione fotografica e poi sulla pellicola ha cambiato tutti gli elementi e i supporti tecnici a disposizione, ma quello che è rimasto è sempre il pensiero umano, l’intuizione, la volontà di esprimere un concetto tramite un mezzo visivo. L’arte, quella di Giotto, considerato il padre dell’arte moderna, o quella di un pittore fiammingo, andando avanti nei secoli di un artista come Jan Vermeer che si è espresso con luci più soffuse, o Caravaggio che, spostandosi da Milano a Roma, ha vissuto in prima persona il cambiamento verso una visione totalmente diversa e ha intuito che tramite il rapporto tra l’Oscurità e la Luce solare, riusciva a dare dei simbolismi molto forti, a rappresentare il rapporto tra l’Umano e il Divino. L’uomo è arrivato all’arte moderna, sempre cercando di portare avanti questo ragionamento sulla Luce. Uscendo dal figurativo e andando verso l’astratto si è sempre comunque tentato di dare un’emozione. Alcuni artisti di fronte a una tela vuota, non sono riusciti a trovare nessun tipo di espressione, qualcuno come Lucio Fontana ha fatto addirittura un taglio su di essa; tutto questo vuol dire che in quel momento una generazione di artisti si è trovata di fronte al fatto di non sapere esprimere altro che quel tipo di concetto, o il nulla, o la mancanza ispirativa; tutto ciò corrisponde a un periodo storico in cui gli artisti si sono espresse in quel tipo di modo. Mark Rothko non fa altro che dipingere quadri di un unico colore… tra- smette le sue emozioni tramite tonalità cromatiche. Io, amante del figurativo, le considero delle prove cromatiche, ma esse rappresentano l’espressione di questo tempo. Certo una cosa molto diversa dalla pittura figurativa di certi straordinari e meravigliosi personaggi … Leonardo lavorava anni su un quadro per portare avanti quello sfumato, quella penombra in cui lui esprimeva tutte le reazioni dell’epidermide o l’emozione di un viso, tanto è vero che al museo del Louvre c’è la coda davanti a un piccolo quadro che si chiama “La Gioconda” rispetto a tante altre opere anche importanti in cui uno passa davanti e le annota come espressione di un singolo momento; il motivo è che quel piccolo capolavoro riesce a trasmettere una grande emozione. Onestamente spesso davanti all’arte moderna mi ritrovo freddo a guardarla, la stimo perché capisco che è l’espressione di una singola mente ma non sempre mi riesce a trasmettere le emozioni dell’arte figurativa …. forse la mia mente, la mia cultura non si è evoluta per apprezzare certi artisti moderni. Guardando pensando all’arte figurativa, penso spesso a come si può illuminarla in una esposizione, un museo. Rimango spesso esterrefatto girando nei musei internazionali, quando vedo che questo lavoro viene fatto da professionisti che non sempre conoscono la luce e la sua forza, l’emotività, la simbologia e la possibilità espressiva che essa può trasmettere rispetto a un elemento statico come può essere un’opera pittorica o un’opera scultorea. Per una scultura si può pensare a una giusta illuminazione, sappiamo benissimo che da Michelangelo, a Bernini, a Canova ecc… qualsiasi scultore pensava a realizzare la sua opera rispetto al luogo dove veniva esposta e quindi a che tipo di luce poteva illuminarla. Un dipinto invece, essendo bidimensionale, non ha questa prerogativa, la cosa fondamentale è di poterlo mettere in primo piano rispetto allo sguardo dello spettatore pur rispettando la conservazione dell’opera. In genere si tende a illuminarlo con sorgenti luminose che hanno un tipo di tonalità cromatica simile alla luce del giorno, come a proseguire un percorso della luce del giorno anche di sera o negli inverni, con la luce artificiale. Non amo in generale questo tipo di scelta, penso che l’illuminazione di un’opera d’arte dovrebbe essere tale da esaltare tutte le sue caratteristiche espressive. Le opere andrebbero viste nel modo più vicino possibile alla loro ideazione: Goya preferiva illuminare con le candele i suoi quadri e quindi preferiva la luce notturna, Caravaggio dopo aver assistito a una decapitazione (quella di Beatrice Cenci) illuminata di notte da bracieri, ha cambiato il modo di illuminare le sue opere, per realizzare la “Giuditta e Oloferne”, io credo che abbia chiuso la luce naturale della finestra a cui era abituato e acceso una lanterna a olio per ritrovare il sentore, la drammaticità, quel tono cromatico simile a quell’emozione che lui aveva provato vedendo la decollazione di Beatrice Cenci. Noi estraiamo una porzione di spazio, dalla realtà, e lo poniamo in una tela, in un mirino di una macchina fotografica o cinematografica ecc… e proprio in questa porzione di spazio, attraverso la parola “composizione” esprimiamo una opera personale, una “Opera d’Arte”. Conoscenze che fanno capire come potrebbe essere illuminato un quadro a seconda di come è stato pensato; andando a vedere “La Camera degli Sposi” a Palazzo Ducale a Mantova notiamo che la luce con cui Mantegna ha illuminato i vari personaggi è la stessa luce soffusa e morbida luce laterale che viene dalla finestra di quella stanza che illumina la parete su cui è dipinto l’affresco… e dopo di lui lo ha fatto Leonardo ne “Il Cenacolo”, perché hanno fatto questo? Penso per dare una sensazione che quei personaggi appartengano a quel luogo e quindi sono illuminati con la stessa luce che illumina la parete in cui è dipinto l’affresco.

A.C.: Queste conoscenze si possono e si utilizzano anche per illuminare i monumenti…

V.S.: Ci sono varie possibilità, nell’archeologia e nell’architettura, specialmente in una facciata c’è la possibilità di illuminare come fa la luce del giorno, ma questo secondo me è un grande errore perché non si riuscirà mai a eguagliare la luce naturale del Sole e le varie luci che i momenti della giornata ci danno, quindi penso sia più giusto interpretarla, immaginandola. Prima dell’invenzione della Luce Elettrica, con il calare del giorno si illuminava gli ambienti con torce o con lanterne, quindi si può illuminare cercando di ricostruire una ipotetica luce artificiale della stessa epoca del monumento, oppure si può, ed è quello che io amo fare, cercare di dare un’ interpretazione di quei luoghi rispetto a chi li ha costruiti e per quale ragione sono stati costruiti cercando, tramite il linguaggio della luce, di dare una raffigurazione o un’interpretazione che distingua quell’opera, questo concetto ha guidato il lavoro che abbiamo fatto insieme a mia figlia Francesca per illuminare i Fori Imperiali a Roma. In questo progetto abbiamo cercato di interpretare la storia di questo monumento tramite il linguaggio della luce distinguendo attraverso la direzione o la diversità cromatica, il tipo di emozione che esso a distanza di secoli ancora trasmette, questo è quello a cui io credo di più…

A.C.: Un’ultima riflessione, oggi gli “Autori della fotografia cinematografica” hanno a disposizione tecnologie completamente diverse da quelle che si utilizzavano solo alcuni anni fa, questo come ha cambiato il lavoro?

V.S.: La tecnologia ci aiuta a essere più snelli, rapidi e a capire meglio noi stessi. Le faccio un esempio, io ho fatto sessanta film di cui 59 girati su pellicola, in un set ero l’unico, come tutti i miei colleghi, che poteva dire …conosco come sarà questa immagine… quando ci tornerà dal laboratorio sviluppata e stampata. Un ritorno che poteva accadere con tempo variabile anche di settimane se si era in posti come la Cina, in questo tempo c’era sempre un po’ di ansia e mistero, se quel tipo di immagine che avevo in mente fosse stata realizzata come l’avevo pensata, tramite le tecnologia che avevo a disposizione. L’ultimo film che ho fatto è stato registrato “In digitale” insieme al regista Woody Allen. Abbiamo utilizzato una videocamera SONY F 65, che registra immagini di alta qualità su un hard disk che ci ha dato la possibilità di vederle in tempo reale, su un monitor ad alta definizione. Abbiamo così potuto lavorare vedendo esattamente quello stavamo facendo nel momento in cui lo facevamo, non il giorno dopo o due settimane dopo. Con le nuove tecnologie digitali possiamo vedere il nostro stesso pensiero e siamo in grado, nel vederlo, di poterlo modificare nel momento in cui lo stiamo realizzando, questa è la grandezza e la distinzione che c’è tra il prima e l’adesso. In realtà siamo passati da un momento di innocenza e di mistero, a un periodo di coscienza e di consapevolezza della formazione dell’immagine. Credo che oggi dobbiamo essere più colti nella conoscenza dell’immagine e su come modificare quell’immagine per dare quell’emozione di cui quella sequenza e storia hanno bisogno. La necessità è ovviamente conoscere la storia, la tecnica e i significati della visione, dobbiamo sapere se aumentiamo quella luce, quel contrasto o quella cromaticità che tipo di emozione può dare quell’immagine rispetto alla storia che stiamo raccontando. Vedere immediatamente quello che stiamo facendo aiuta il nostro lavoro, ma semper abbiamo bisogno di una IDEA centrale che ci permette di visualizzare una storia.

A.C.: Per concludere Maestro, 2015 anno internazionale della luce, una sua definizione della parola luce?

V.S.: io credo che la luce sia “La conoscenza”, che ci da la possibilità di un rapporto tra le persone e quindi è anche “Amore”; l’amore… non è altro che Energia. L’energia cosa è? … Non è altro che la luce.